scritto dentro

pierangela allegro_scritto dentro_ laboratorio
Lo spettatore entra e scende lungo un pendio di terra battuta.
Nella penombra intravede sul muro di fondo un'immagine in movimento.
Camminare ascoltare osservare, sono operazioni preliminari.

Non è un lavoro “facile” scritto dentro, come d’altronde non lo è il libro di Fernando Marchiori da cui è tratto. Sono scritture (una su carta, l’altra sulla scena) che chiedono al lettore e allo spettatore di scendere sotto, sentire una voce di dentro, farsi prendere nel tracciato di una memoria estranea… Anche per questo lo spazio scelto per il debutto (settembre 2013) è stato quello del Bastione Impossibile, il più aspro, umido, difficile, all’interno delle antiche mura che circondano Padova.
Eppure ciò che scorre sotto lo sguardo di uno spettatore accorto non è solo l’autobiografia di chi si espone, ma una storia che parla di un sentire comune. Di una generazione, almeno. Quella che ha avuto un motivo per andarsene, e diversi modi per farlo.

pierangela allegro_scritto dentro_ in scena memoria in film

pierangela allegro_ scritto dentro_ in scena memoria avi

pierangela allegro_scritto dentro_in scena memoria bicicletta

                                                                   ©claudia fabris

scritto dentro è sostanzialmente, una riflessione sul tempo. Tra memoria e ricordo – temi centrali del lavoro – si sviluppa sulla scena una tensione tutta al presente. Un tipo di tensione che è facile riscontrare nella musica e in particolare nelle improvvisazioni jazz .

pierangela allegro_scritto dentro_in scena

Qui si tratta di un dialogo in tempo reale tra un corpo che si espone e un altro che dipinge, tra la traccia luminosa del performer e il corpo della luce attiva, ma le assonanze con una jam session sono molteplici.

 

pierangela allegro_scritto dentro_ laboratorio3

Lasciando ampia libertà di intervento all’imprevisto e alle coincidenze solo apparentemente fortuite, si è trattato – ancora una volta – di unire rigore e casualità in un intreccio fecondo, possibile solo grazie al lungo sodalizio dei due artefici.
Michele traccia linee luminose a partire dal mio corpo mentre agisco o contemplo. A volte mi segue, altre volte sono io che anticipo i suoi segni. Avviene un dialogo senza le parole, tra noi due sulla scena.

 

pierangela allegro_scritto dentro_ laboratorio2

foto di michele sambin_ prove in ovile salentino_giugno 2013

Le tracce che restano sono linee che si sovrappongono. Non solo contorno, tracciato o confine. Sono materia di luce. Si tratta di una qualità pittorica che prende il posto del corpo e al tempo stesso gli dà sostanza. Lo trasforma. Una trasformazione in cui slittamenti e stratificazioni, distacchi e fusioni, si compiono dal vivo sotto lo sguardo dello spettatore.

pierangela allegro_scritto dentro_laboratorio4

pierangela allegro_scritto dentro_ in scena ricostruzione

pierangela allegro_scritto dentro_in scena confine di luce

pierangela allegro_scritto dentro_in scena ombra frammenta

                                                                      ©claudia fabris

In scritto dentro emerge una memoria che raccoglie dati, prove, va nei dettagli, cancella, salta, taglia via.
Ma c’è anche un ricordo sobrio, fatto di sottrazioni, che rinuncia a quasi tutto e si concentra su pochissimi fatti.

pierangela allegro_scritto dentro_in scena parole di luce

La scrittura di Fernando M. ha il dono di dire quanto basta e neanche una frase di troppo. Ho adattato il suo testo a un mio sentire, al bisogno di esprimere quegli anni, gli anni ’70, gli anni della mia formazione.
Ricostruzione a memoria di quel tempo che mi ha visto essere quella che non sono più.
La mia riscrittura come il gesto dello scultore ha tolto ancora. E ancora. E ancora.

Da questo togliere strato su strato sono emerse spontaneamente altre parole che, messe in contrappunto con quelle di Marchiori, si innestano nella partitura creando un’apertura ulteriore e a tratti indispensabile. Grazie a Samuel Beckett e Alberto Giacometti.

pierangela allegro_scritto dentro_ in scena ombre giacometti

Far vivere sulla scena una dimensione del tempo sganciata da una precisa coerenza narrativa. Questo è quanto accade in scritto dentro.
Lo spettatore è invitato a leggere le azioni su più piani considerando egualmente importanti gli eventi che accadono sullo sfondo come quelli in primo piano. Il che corrisponde a una rappresentazione della vita quale insieme di eventi, di tempi, di memorie che accadono tutti contemporaneamente in una dimensione spazio-tempo dilatata.
Il tempo sembra uscire “fuori dai cardini” e abbandonando le narrazioni che lo imbrigliano, assumere la sua propria realtà.
Verso la creazione di una serie di atti che hanno a che fare con le tracce la cancellazione delle tracce.I confini del corpo che slittano continuamente, che non lo contengono una volta e per sempre non lo definiscono una volta e per tutte.
I confini. L’impossibilità di essere un altro.
Non resta che inventarselo. L’altro. (E le diverse vite dentro ad una.)
La sfocatura. Errore salvifico. Le lenti a specchio.
(p.a.)

 

Fernando Marchiori ha visionato in anteprima  video di scritto dentro e ci scrive:

Come sempre i video (i vostri) sono lo spettacolo e insieme sono altro. Quindi ovviamente si perdono delle cose, se ne scoprono altre. In questo caso si perde mi pare soprattutto la lontananza dello sguardo, quella distanza della visione che tiene la complessità dello spazio scenico e coglie relazioni e concomitanze. Ma questo dipende anche dal fatto che quasi tutte le inquadrature sono primi piani, piani medi e americani. Così il performer è sempre esposto, più che nello spettacolo, e scompaiono dettagli e quadri d’insieme di grande effetto in scena. 
Nonostante ciò, mi sembra che il lavoro funzioni, cioè che renda l’idea dello spettacolo reinterpretandolo, appunto. Si ha come l’impressione di essere sempre dentro la visione, ed è il risvolto positivo di quella perdita di campo che osservavo prima. Magnifico il lavoro di montaggio, che recupera con equivalenze sincroniche e sovrimpressioni le relazioni spaziali imprendibili dalla videocamera. Bellissima la costruzione (e la dissoluzione) degli omini giacomettiani.

Silvia Mei ha visto il lavoro e ne ha scritto su culture teatrali. Tra l’altro:

Pierangela Allegro non è un’artista (e una donna) “in prima persona”; il teatro che ha scelto di praticare è impersonale, se vogliamo, senza mai essere dis-umano – anzi, tutt’altro; preferisce nascondersi dietro, o stare sotto pur essendo il sopra di quella forma cui dà il corpo: come lo sfondo di un disegno che è però una sola cosa col foglio e la materia che lo segna. “Tolto tutto – ci sussurra dal suo tavolino apparecchiato di libri – non rimangono che i segni”. In Scritto dentro (dall’omonimo romanzo dissugato di Marchiori) la Nostra si rappresenta effettivamente come un disegno da cui staccarsi per lasciare la grafia della sua cava sagoma; ma si fa anche luce, nel ricordo che le scorre attraverso ma che rimane dentro. La sua non è reticenza e forse non è neanche timidezza, lo dimostra la generosità con cui si è sempre data in scena, nel lavoro parateatrale (quello in carcere) e di compagnia tout court. Il suo dentro è un messaggio sibillino, un rebus, un enigma che smentisce la pulsione femminile a raccontarsi. Qui non è la donna, o soltanto quella, a parlare, ma è sempre l’artista che scrive nella sua autobiografia l’arte. Le parole si asciugano, vanno in secca, si addensano e si impastano, segretamente, senza mai sciogliersi del tutto. Al limite, solo stati e presenze e istantanee possono far avvenire quel disagio che tira dentro invece di spremere fuori.

Cristina Grazioli su Sciami http://nuovoteatromadeinitaly.sciami.com/tam-teatromusica-scritto-dentro-2013/

          «Sono eroiche, le figure scolpite di Giacometti. Sono eroiche nella loro volontà di persistere in uno spazio che, in tutta evidenza, rimanda allo spazio del Niente assoluto. Sono eroiche, le figure scolpite di Giacometti, nel loro opporre instancabilmente al Niente il loro paradosso estremo. Quella specie di scandalo, clamoroso, che nel campo totale del Niente, è costituito dal puro e semplice essere, da qualsiasi essere, anche dall’essere più povero. È come se, davanti alla presenza assoluta del Niente l’effimera presenza dell’essere mandasse una luce abbagliante. La luce della sua alterità» Così Emilio Tadini a proposito della «natura paesaggio» nell’arte della seconda metà del Novecento. Questa relazione tra la luce abbagliante di una presenza effimera e una natura che si manifesta nel Nulla ci sembra una consona introduzione al paesaggio di Scritto Dentro, di Pierangela Allegro e Michele Sambin, tradotto in scena dal denso e poetico testo di Fernando Marchiori. Si tratta di uno spettacolo rappresentato (ad oggi) in un’unica occasione. Tre repliche all’interno del Bastione Impossibile, uno dei bastioni “praticabili” delle possenti mura cinquecentesche di Padova. Abbiamo partecipato a una di queste serate il 13 settembre 2013 e rievochiamo alcuni momenti di quella situazione, dove il percorso che lo spettatore veniva invitato a compiere non era senza significato: perché uno dei tratti di Scritto dentro è quello di tradurre la duplicità dei piani esistenziali messa in atto dal testo di Marchiori (la Storia, il vissuto e il presente del protagonista) nell’immediatezza dell’esperienza performativa, dove gli spettatori sono chiamati a percepire questa stratificazione…(continua)

 

 

Scritto dentro. Atti visivi e sonori, prima esposizione/ site specific Bastione Impossibile/ Padova 2013
Testi tratti da Scritto dentro di Fernando Marchiori (Poiesis Editore, 2012), Parole in contrappunto di Samuel Beckett e Alberto Giacometti
Riscrittura scenica Pierangela Allegro. Direzione Michele Sambin
Voce e azioni Pierangela Allegro. Suoni, video, pittura digitale Michele Sambin.
Nell’ambito di relAzione Urbana/Le Mura disvelate 13>>15 settembre 2013 Padova

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